Open & Global: l’arte nel segno di Anna Seccia
di Maria Cristina Ricciardi
I. Anna Seccia:50 anni di carriera artistica.
Ortonese di nascita, la pittrice Anna Seccia vanta una lunga attività artistica iniziata in giovanissima età e condivisa, fino all’inizio degli anni Ottanta con l’insegnamento di Discipline plastiche e pittoriche al Liceo Artistico di Pescara, città dove lei vive e lavora.
E proprio l’Assessorato alla Cultura del Comune di Pescara, congiuntamente alla Presidenza del Consiglio Regionale, a celebrare, nel 2008, i cinquanta anni della sua carriera, ospitando al Museo Vittoria Colonna, una importante mostra antologica di oltre cento dipinti, culminata con un grande happening collettivo, ordinata dal critico Giorgio Di Genova e corredata da un prestigioso volume monografico che ripercorre le tappe di una produzione artistica che va dagli anni Sessanta alla produzione più recente.
“Anna dei colori”, appellativo che ormai le appartiene di diritto, è una donna ricca di esperienza artistica ed umana, dal lessico pittorico biomorfico e visionario pronto a trascinarci, con la leggerezza del sogno, nella più incredibile delle esplorazioni, dentro la dimensione dell’ interiorità, privilegiando i toni di un colore, l’azzurro, che è divenuto il suo vessillo.
Un colore rivelatore tanto delle profondità insondabili del mare e del cielo quanto quelle della coscienza umana, di uno specifico femminile connesso alle morfologie curve delle forme date in natura, che implicano sempre qualcosa di intimamente sacro connesso al valore stesso della vita, dalla grande galassia alla più piccola cellula. La pittura di Anna Seccia ha ormai acquisito una spiccata riconoscibilità, conquistata in molti anni di lavoro e di esperienza, i cui risultati si mostrano con chiarezza soprattutto a partire dai primi anni Novanta, momento in cui si intensifica la sua presenza sulla scena artistica, parallelamente ai segnali di stima. Sono questi gli anni di importanti mostre personali, degli inviti, sempre più numerosi, a storici Premi internazionali e di rilevanti riconoscimenti, fra cui il Trofeo internazionale del Parlamento Europeo di Strasburgo (1991), il Premio Roma Arte e Cultura (1993), ed il Premio Tindari alla carriera (2005).
II. La stanza del colore: un concetto di opera aperta.
Il suo primo happening, Anna Seccia l’ha tenuto a Pescara, nel 1994, alla Facoltà di Architettura dell’Università G. D’Annunzio allorché, nell’ambito di una personale, l’artista progetta una vera e propria “stanza pittorica” aperta all’intervento del pubblico, in cui ciascuno poteva offrire e riconoscere il proprio singolo gesto creativo.
Questa situazione di pittura pubblica e compartecipata costituisce la prima di una lunga serie di “Stanze del colore”, luoghi in divenire, dal carattere multidisciplinare, che rivendicando, nella condivisione, il ruolo che la sensibilità artistica dovrebbe avere nella vita di ognuno di noi, esaltano un contenuto di necessità sociale. In tal senso, l’opera, non è più un fatto privato, ma una esperienza condivisa, cioè “aperta”, alla dimensione energetica della creatività, alla partecipazione collettiva, alla casualità di tantissimi gesti e segni, che solo alla fine saranno ricuciti dalla consapevolezza dell’artista-demiurgo, a cui spetta il compito conclusivo di trarne ciò che si chiarisce come qualità essenziale dell’ “anima comune”, l’essenza ultima di un grande lavoro partecipato, che in molti casi si avvale anche dei linguaggi della musica e della sensorialità.
Tra i suoi più recenti progetti culturali legati al concetto di arte condivisa, oltre ai laboratori didattici eseguiti in collaborazione con numerose scuole, si colloca certamente, dopo l’happening tenuto al Museo Vittoria Colonna nel luglio 2008, quello condotto nel 2009 a L’Aquila, immediatamente dopo il grave sisma, e culminato nella realizzazione di due grandi tele: Soqquadri, svolta in collaborazione con 18 artisti abruzzesi, e Globalaquilart, di circa 10 metri di lunghezza, che ha visto la partecipazione di 332 cittadini aquilani, entrambe, presentate al cospetto del pontefice Benedetto XVI, in Vaticano.
Su questa linea si inseriscono gli ultimi appuntamenti, promossi dal Centro Culturale di Arti Visive Kaleidos, con il Patrocinio della Provincia di Pescara, che hanno coinvolto l’artista il 4 agosto 2011, a Pescara, alla Stadio del Mare, ed il 23 agosto a San Valentino, in collaborazione con il compositore-direttore d’orchestra Antonio Cericola, per un grande evento collettivo pubblico che nasce sotto il segno dell’energia creativa e in stretta connessione con l’opera presentata dall’artista al Padiglione Italia della 54° Biennale di Venezia.
III. Illuminazione. L’arte è cosa (mia) nostra.
In questa dimensione di “opera aperta” si inquadra il lavoro installativo intitolato Illuminazione. L’arte è cosa (mia) nostra, presentato da Anna Seccia per il Padiglione Italia alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi, esposto in una delle quattro sedi scelte per la Regione Abruzzo, il prestigioso spazio Aurum di Pescara, monumento di architettura industriale dell’architetto Giovanni Michelucci, capolavoro felicemente restaurato ed aperto alle manifestazioni culturali.
Anche in questo caso, l’artista Anna Seccia sembrerebbe volerci dimostrare, coerentemente alle sue scelte, che l’opera non finisce con l’opera, quasi che essa fosse solo un pretesto, un semplice punto di partenza. Dunque non l’arte per l’arte, ma l’arte per trasmettere qualcosa che sappia andare oltre il quadro, oltre le pareti di un museo, per entrare nelle nostre esistenze, così da renderci partecipi della sua forza e del suo mistero, di tutta quella luminosa energia che dall’arte si libera. E questo principio vale veramente per tutti, per quanta più gente possibile, per le persone comuni, per i bambini o per quanti, più sfortunati, soffrono l’ amarezza della malattia e l’isolamento prodotto da una società sprezzante verso i sapori delle imperfezioni. Vale per i “belli” e vale per i “brutti”.
L’arte è un’ attività biologica inevitabile e necessaria alla sopravvivenza umana, scrive nel 2011 l’artista Sergio Lombardo, pensiero che sembra incontrare bene il repertorio iconografico della Seccia, come ben dimostra nell’opera installativa realizzata per il Padiglione Italia, che trova il suo incipit in un grande dipinto, eseguito a tecnica mista in olio, acrilico e stucco, su supporto in legno: una enorme cellula che rappresenta la vita in senso assoluto, quel principio primo dell’ esistenza che porta in sé il mistero della sua origine e della sua destinazione.
Nella gamma delle possibilità infinite, laddove verrebbe da chiedersi quale persona potrebbe diventare mai questa cellula, l’artista ci anticipa, offrendo due ipotesi nelle fotografie poggiate sulle sedute di due sedie che accompagnano il grande dipinto e che rappresentano a loro volta la realtà dei fatti: a sinistra una sedia a rotelle, a destra una sedia in legno di una certa importanza.
Su entrambe, le foto che fanno riferimento a due donne conosciute dall’artista, la prima, affetta da anni dal morbo di Parkinson, la seconda, bella e seducente. Si tratta, indubbiamente, di opera molto coraggiosa, di forte e scomodo impatto, che pone, nell’intenzione dell’artista, un accento sulla necessità di considerare (o tornare a “riconsiderare”) la forza vitale che muove dal flusso creativo, connaturata da sempre all’essenza espressiva dell’uomo e alla sua esistenza su questa terra, una energia che può divenire strumento di aiuto, di divenire, di rigenerazione.
Ed ecco il senso del curioso titolo di questa grande installazione che richiama l’idea del circuito elettrico: Illuminazione, come a voler ricordare a tutti, tanto agli amici di Anna arrivati numerosi con le loro magliette uguali, quanto ai molti visitatori della mostra, che l’arte, nella sua totalità, è pura trasmissione di energia e che essa non vive solo il tempo sterile dello spazio che va dall’artista al gallerista o dal gallerista al collezionista. L’Arte è “sua”, ci precisa la Seccia, cioè dell’artista che la produce, ma anche di tutti quanti la partecipano, la vivono, la percepiscono e ne beneficiano, per non dimenticare che l’atto creativo è una grandissima emozione che collega, i nostri spazi interiori al mondo esterno, noi agli altri, e ci fa vivere meglio, nella percezione di non essere soli.
IV. L’ Uovo della Collettività.
Esposta a Pescara, nella Sala Michetti dell’Aurum-La Fabbrica delle idee, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, la grande opera installativa di Anna Seccia L’ Uovo della Collettività, va letta in stretta connessione con l’ indirizzo di ricerca perseguito dall’artista, segnando un altro momento altamente significativo di un percorso che, partito dall’ esperienza della Stanza del colore, alla metà degli anni Novanta, approda alle due importanti tappe pescaresi attuate negli spazi dell’Aurum, polo culturale di eccellenza del capoluogo abruzzese. La prima al Padiglione Italia della 54esima Biennale di Venezia, con l’opera Illuminazione.
L’arte è cosa (mia) nostra, che ha trovato il suo proseguo di “opera aperta” nelle esperienze partecipative di S. Valentino (agosto 2011) e lo Stadio del mare (luglio 2011). La seconda concretizzata in questo happening installativo, proposto al pubblico nell’ambito di un programma di intesa con il Vittoriale degli Italiani ed il Comune di Gardone Riviera, nella ricorrenza della nascita di Gabriele d’Annunzio, avvenuta a Pescara il 12 marzo del 1863. Non mi soffermo sull’importanza dell’evento espositivo – che appartiene sicuramente alla cronaca nazionale – intendendo offrire una lettura critica di questo particolarissimo lavoro che nasce dalla pratica dell’happening e che ha coinvolto tanti studenti del Liceo Artistico Bellisario Misticoni di Pescara. In primo luogo va detto che, anche per questa complessa installazione, vale la condizione ideologica di pensare l’oggetto artistico come il risultato di una partecipazione collettiva, non meramente quantitativa, ma espressione di una progettualità creativa assolutamente originale ed estemporanea basata sul concetto estetico di “opera aperta”.
Generalmente, si tratta di un modello di arte che, come ci insegna Umberto Eco, si pone sia in termini di dialogo interpersonale sia come processo comunicativo in grado di aprire una dialettica che coinvolge la polivalenza di risposte offerta dal fruitore. Come dire: tanti fruitori, ciascuno dei quali trasporta nell’atto di ricezione le proprie peculiarità emotive e fisiologiche, il proprio bagaglio formativo e culturale. E’ questa è senza dubbio una direzione inequivocabilmente contemporanea dell’arte. Ma l’ “apertura” che qui si definisce è tanto maggiore perché è già implicita nell’atto creativo che si compie grazie alla partecipazione condivisa, attraverso l’azione artistica collettiva che la Seccia ricuce solo nella definizione conclusiva del lavoro.
L’Uovo della Collettività, presenta una struttura elicoidale che, ricordando quella del DNA, realizza la doppia spirale di un’altrettanto grande catena umana, in cui ciascun elemento vale quanto tutto l’insieme perché portatore di una storia, di un singolo particolare significato. Composta da circa mille uova in polistirolo, dipinte a mano e create in piena libertà espressiva dagli studenti pescaresi del Liceo Artistico, l’opera afferma, con efficacia di sintesi e di impatto emotivo, l’idea della diversità nella globalità. E’ una installazione articolata, composta da più elementi che prevedono oltre la struttura ad elica, tre grandi dischi parietali e pavimentali, sempre realizzati con uova, dipinte nei colori della bandiera nazionale.
Al centro di ognuno, così come all’interno della grande struttura policroma, è collocato uno specchio attraverso cui chi guarda, trasferisce dentro l’opera, il suo “esserci”, la sua “fisicità”. Tante uova perché da tante storie di differenze, geografiche e culturali, nasce la nostra idea di unità nazionale, fatta rivivere dall’artista nel coinvolgimento di altrettante mani, teste, cuori di persone mai viste prima, fino ad arrivare agli occhi dei visitatori, alle diverse percezioni dei loro sguardi. Nessuna forma meglio dell’uovo, emblema eccellente di rinascita, i cui valori simbolici sono presenti in ogni cosmogonia, riesce a riassumere tanto bene l’idea della perfezione dell’universo, difficile sintesi di una complessità semantica abissale.
L’uovo è difatti l’immagine stessa di un dualismo che è alla base della vita, di un “fuori” e di un “dentro” su cui l’artista ci invita a pensare, guardando l’opera e specchiandoci al suo interno, cioè “riflettendoci”. Mi piace anche ricordare che, nella storia della pratica della pittura, l’uovo sia considerato un importante legante, la cui funzione risiede nel tenere uniti i pigmenti fra loro e questi al supporto. Allo stesso modo, all’interno del suo processo creativo, L’uovo della collettività diviene il campo di uno straordinario legante umano, che dal gesto del singolo torna ad appartenere a tutti perché le mille uova alludono tanto all’unicità dell’essere umano quanto alla libertà che è alla base di ogni azione di vera creatività.
Da non sottovalutare l’elemento assiale che, posto all’interno dell’opera, si connette filologicamente all’ immagine dell’uovo – vedi le uova di struzzo appese nelle chiese dell’Oriente cristiano, come nella celebre pala di S. Bernardino realizzata nel 1472 da Piero della Francesca – rimandando con la sua verticalità centrale a quell’ansia di sovrannaturale, che è insita in tutti noi. Un passaggio obbligato, per comprendere la grande esperienza spirituale che l’arte stabilisce e conduce dentro la storia umana di una Nazione, ed il suo ruolo di necessità, soprattutto in questi tempi di crisi e di incertezze.
V. Sinergie di fragmenta 100 + 1.
Si tratta di un grande quadrato in legno, suddiviso in moduli, kmisurante due metri per lato, realizzato il giorno 6 ottobre 2012 nel Museo Michetti di Francavilla al Mare, in occasione dell’ VIII Giornata del Contemporaneo, iniziativa promossa dall’ AMACI (Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani). Sinergie di fragmenta 100+ 1 costituisce, dunque, il lavoro più recente dell’artista abruzzese che per questa nuova azione pittorica collettiva, presentata il 27 ottobre nella Sala Convegno del Museo Michetti, curata da Massimo Pasqualone, ha coinvolto gli studenti dell’Istituto Umberto Pomilio di Chieti Scalo congiuntamente ai cittadini di Francavilla.
Un grande dipinto, costituito da cento moduli di cm. 20×20, realizzati in stretta sinergia di opera collettiva. Anche per questa esperienza vale indubbiamente il concetto di “opera aperta” quale modus operandi affidato alla libertà espressiva dei partecipanti, con cui l’artista stabilisce un unico contenuto intenzionale (il “+1” ), come in un grande mosaico in cui ogni tessera si rende necessaria alla forza dell’insieme ed alla sua finalità comunicativa.
La particolarità è che questa volta i moduli, che nascono unitariamente su quello che si offre come un unico supporto (così come unitaria è la linea progettuale), verranno venduti nell’ambito di Padova Arte Fiera (9-12 novembre 2012), generando un processo di dispersione dei frammenti che farà nascere una nuova comunità, costituita dai proprietari dei singoli dipinti. È dunque un campo di attività in cui l’arte ristabilisce il suo ruolo di connettore, come ogni altra espressione della cultura, di straordinario ponte fra le persone e le loro differenze. In virtù di ciò, si determinerà un fondo da destinare a microprogetti di creatività artistica per le aree terremotate dell’Emilia, facendo in modo che l’arte torni all’arte.
E’ un legame di solidarietà, di cui l’artista sente di farsi medium, tra due Regioni fortemente colpite dalla medesima catastrofe: L’Emilia nel 2012, l’Abruzzo nel 2009. E qui il pensiero va a due grandissime tele, misuranti 22 mq., eseguite sotto il coordinamento artistico di Anna Seccia, con il critico Antonio Gasbarrini, nel luglio del 2009, nelle tendopoli aquilane, esposte nello scorso aprile nella Sala Flaiano dell’Aurum.
La prima è intitolata Soqquadri, realizzata da ben diciotto artisti abruzzesi di cui ho il piacere di ricordare il nome: Sandro Arduini, Domenico Colantoni, Mario Costantini, Giancarlo Costanzo, Giuliano Cotellessa, Silvestro Cutuli, Fabio Di Lizio, Bruno Di Pietro, Stefano Ianni, Marino Melarangelo, Sandro Melarangelo, Gabi Minedi, Albano Paolinelli, Augusto Pelliccione, Massimina Pesce, Anna Seccia, Antonio Spinogatti, Carlo Volpicella.
La seconda tela, Global Aquilart 332, è stata realizzata a L’Aquila nella tenda della Croce Rossa Italiana da 332 sfollati, un numero certamente non casuale, che precisa il titolo dell’opera, ricordando l’ora del tremendo sisma, avvenuto alle tre e trentadue. Recuperare, attraverso la creatività, le quotidianità sconvolte, portare la speranza attraverso il colore, nelle vite smarrite di chi ha visto ballare e poi crollare le case e sentito le urla, è stato un gesto importante.
E qui mi fermo, pensando che l’arte non debba esaurirsi al solo rapporto artista-mercante-collezionista, ma possa fare molto di più, avere una reale funzione sociale nell’accrescere qualitativamente la nostra vita e dare molto in termini di condivisione umana, aiutandoci ad uscire dalle maglie strette dei nostri “io”, ricordandoci che non siamo soli.
Vale la pena di ricordare anche l’happening Tre colori, una bandiera ed un sacco di artisti, parte di un più articolato progetto che, attraverso la partecipazione di una trentina di artisti appartenenti alle quattro province abruzzesi, ha condotto alla realizzazione di un particolarissimo vessillo, segmento di una grande bandiera nazionale da presentare al Presidente della Repubblica italiana.
Ad Anna Seccia, infaticabile in questa direzione, il merito di crederci fermamente, con ottimismo e positività, disponibile a rimettersi sempre in gioco, con il suo bagaglio ricchissimo di esperienze e con l’entusiasmo della prima volta: «Dipingere è vivere intensamente, io voglio vivere intensamente e perciò dipingo».
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